Tra i problemi più assilianti che insorgono a ogni passo nell'attività collezionistica, quelli relativi alla corretta identificazione degli esemplari sono indubbiamente i primi da risolvere.
I dubbi fanno capolino già durante le ricerche affettuate sul posto, non appena abbiamo in mano il pezzo 'ancora caldo': che cosa saranno questi cristallini nero-brunastri che accompagnano il berillio? E quegli aghetti bianchi raggiati, annidati nelle lave della Sicilia?
In questa pagina cercheremo di darvi qualche suggerimento per riconoscere più facilmente i minerali.
minerali (Wikipedia Commons)Inizialmente un aiuto per individuare questa o quella specie ci può essere fornito da amici più esperti, ma ben presto ci vedremo abbligati a trovare altre vie per risolvere i nostri problemi e a predisporre, di conseguenza, una serie di 'tappe strategiche', che ci porteranno col tempo a una discreta capacità di riconoscere un buon numero di specie e a 'fiutare' quelle più rare.
Il primo passo da compiere è certo quello di procurarsi una buona documentazione bibliografica: infatti non si possono riconoscere i minerali se non si consultano testi che ne descrivano tali informazioni con illustrazioni a colori.
Altrettanto necessari sono i testi di mineralogia generale, nei quali cioè vengono illustrate le proprietà chimiche e fisiche dei minerali, in cui inoltre si possono attingere suggerimenti per escursioni, oppure informazioni sulla presenza e l'aspetto di minerali interessanti.
Una pur valida bibliografia, anche se ricca di illustrazioni a colori, non sempre è però sufficiente a risolvere ogni dubbio sull'esatta identificazione dei vari esemplari della nostra collezione: cosi l'apatite incolore che ci hanno assicurato provenire dalla Valle Aurina mostra una sospetta somiglianza con il quarzo ialino, la natrolite raggiata del Vicentino sembra proprio aragonite.
Per evitare errori di questo tipo, una possibile soluzione consiste nell'osservare direttamente un ampio numero di campioni già classificati, quali si trovano in genere nelle collezioni di amici più esperti o, meglio ancora, nei musei.
Se non risponde a verità il fatto che tutti i minerali di proprietà dei musei siano stati analizzati, è tuttavia certo che almeno quelli esposti al pubblico hanno subito un controllo più accurato e sono quindi utili come confronto.
Inoltre, osservare dal vivo gli esemplari, anche se dietro un vetro, dà la possibilità di controllarne l'associazione mineralogica e la matrice rocciosa, cardini indispensabili per formulare un giudizio sicuro.
Ma dove si trovano queste grandi collezioni pubbliche? In Italia ve ne sono parecchie che meritano di essere visitate, sebbene assai raramente raggiungano le dimensioni delle corrispondenti istituzioni europee.
Tra di esse, alcune appartengono alle università, altre a enti locali, altre ancora a scuole o a privati.
In qualunque ateneo vi sia una facoltà di Scienze o di Ingegneria, là vi sarà un settore mineralogico, dotato di collezioni più o meno sviluppate e di una strumentazione scientifica per l'analisi e l'identificazione die campioni.
La più grande raccolta statale di minerali si trova presso l'Università La Sapienza di Roma, dove esiste un museo ricco di oltre 30.000 esemplari, molti dei quali esposti in grandi vetrine.
Oltre ai minerali, esso possiede anche una collezione di meteoriti che può considerarsi la più completa del nostro Paese.
Un'esplorazione accurata merita il Museo mineralogico dell'Università di Firenze, dotatosi recentemente di una serie numerosa di grandi esemplari ben cristallizzati: è celebre, tra l'altro, un topazio che pesa ben 150 kg.
Tra i musei di proprietà degli enti locali, occupa un posto di rilievo per l'antica tradizione mineralogica il Museo civico di storia naturale di Milano.
Vi è conservata, tra l'altro, una grande raccolta di minerali italiani: ben 20.000 dei 32.000 esemplari posseduti provengono infatti da depositi nostrani.
Continuiamo a parlare dei musei, utilissime istituzioni che ci consentono di arricchire le nostre conoscenze mineralogiche.
Dopo esserci soffermati su quelli italiani, è bene estendere lo sguardo all'Europa e al continente americano.
Le occasioni di viaggiare, infatti, sono oggi assai più frequenti che in passato e dunque è bene approffittarne.
L'istituzione di riferimento per la mineralogia sistematica in Europa è il Natural History Museum.
Museo Londra (Wikipedia Commons)Ora che anche il preesistente Geological Museum ne è parte integrante, le collezioni mineralogiche e gemmologiche che vi sitrovano sono di per sè sufficienti a giustificare, per l'intenditore, una visita a Londra.
Oltre ai 7000 esemplari della collezione descrittiva, vi si ammirano i superbi campioni delle miniere della Cornovaglia, del Cumberland e della Scozia, nonchè di quelle dei territori del Commonwealth.
Da Londra quindi, converrebbe proseguire per Parigi; nella capitale francese, infatti, ci sono almeno tre collezioni pubbliche da visitare: quella della Sorbona, quella dell'Ecole des Mines e quella della Galleria di Mineralogia del Museo Nazionale (Jardin des Plantes).
Jardin des Plantes (Wikipedia Commons)In quest'ultimo museo bicentenario il piatto forte è rappresentato dalla collezione Ilia Deleff di cristalli giganti, sistemati con grande cura scenografica in un apposito ambiente.
I cristalli, come detto, sono di dimensioni imponenti: si tratta di quarzi, feldspati, berilli, calciti e tormaline, tutti provenienti dal Brasile.
Oltre a ciò, qui sono anche conservati i cristalli utilizzati dal grande mineralogista Renè-Just Hauy per impostare la moderna teoria dei solidi cristallini.
Al di fuori dell'Europa, una grande e importante collezione è quella dal Museo di storia naturale della Smithsonian Institution di Washington, negli Stati Uniti.
Museo Washington (Wikipedia Commons)Qui è allestita l'esposizione pubblica più gradevole che esista, sia per la bellezza degli esemplari, sia per laarato didattico-illustrativo.
In una vetrina ben protetta è esposto il famoso diamante azzurro di Hope, che con i suoi quasi 45 carati rappresenta un vero unicum fra i rarissimi diamanti colorati.
Ma è in Brasile che esiste un museo esclusivamente dedicato ai diamanti; si rova in una città che proprio ai ricchi giacimenti diamantiferi della zona deve il suo nome: Diamantia.
Nella seconda metà del Settecento uno studioso tedesco, A. G. Werner, mise a punto un metodo per identificare i minerali in base ai loro caratteri esterni, prescindendo cioè da composizione chimica e struttura reticolare.
Egli si rivolgeva agli studenti dell'Accademia mineraria di Freiberg, in Sassonia, soprattutto con finalità di tipo pratico, ma le sue teorie trovarono consenso e applicazione in tutta l'Europa, tanto che ancora oggi, pur lasciando il campo a metodi di analisi sempre più precisi e sofisticati, non sono da dimenticare, specie dagli studiosi di area germanica.
Uno dei caratteri fondamentali da prendere in considerazione è il colore della polvere (o 'striscia'), che si ottiene facilmente sia macinando il campione, sia scalfendolo con una punto metallica o, infine, strofinandolo su una piastrella di ceramica non vetrificata.
Un altro carattere piuttosto semplice da osservare è la sfaldatura, che si manifesta all'interno di un cristallo come insieme di piani di frattura lisci e netti, disposti in serie parallele (topazio) o in serie multiple tra loro angolate (calcite e altri carbonati).
Altre particolari caratteristiche riguardanti il magnetismo (verificabile per mezzo di una calamita), la radioattività (per appurarla occorre disporre di un contatore Geiger), oppure le più evidenti fratture e lucentezza.
Un notevole interesse presenta poi l'osservazione della fluorescenza ai raggi ultravioletti a onda lunga e a onda corta: in tal caso, però, non è possibile identificare con assoluta certezza tutte le specie, poichè lo stesso minerale può essere o non essere fluorescente in base alla località di provenienza oppure a seconda dello stadio generico.
Finora abbiamo dato qualche consiglio sulle prime osservazioni e su alcuni semplici saggi da compiere per cercare di dare un nome ai nostri minerali a meno che non ci si fidi cecamente di coloro i quali ce le hanno fornite.
Tralasciando le analisi più specifiche, vale a dire quelle di pertinenza dei laboratori scientifici, esiste qualche altro metodo diagnostico di cui il collezionista si possa servire, anche tra le mura domestiche.
Un metodo poco usato, la misura della densità, permette di risolvere molti problemi diagnostici.
Se non ci si può permettere una bilancia idrostatica è possibile ricorrere ai liquidi 'pesanti', la cui densità è nota, diluibili in tutte le proporzioni.
Nel caso della bilancia idrostatica il valore della densità è rappresentato dal rapporto tra il peso in aria del minerale e la differenza tra quest'ultimo e il peso in acqua, mentre con i liquidi pesanti occorre predisporre una serie di soluzioni di densità nota e osservare in quale di esse il campione rimane in posizione di equilibrio, senza affondare nè galleggiare.